Transizione digitale, presente e futuro socialmente sostenibili?

Transizione digitale, presente e futuro socialmente sostenibili?

29/07/2024



Oggi ci confrontiamo su un tema che ha implicazioni decisive per il nostro futuro; il futuro di tutti gli esseri umani, ivi compresi i soggetti più anziani, le persone in pensione che la FNP intende rappresentare e tutelare, anche guardando con fiducia al futuro e alle sfide che questo ci pone.

 Quella dell’Intelligenza Artificiale è probabilmente la più importante, e allo stesso tempo è quella che ci preoccupa di più, per tante ragioni. Un’espressione che ho letto tempo fa sintetizza in modo a mio avviso efficace la natura e le ragioni delle inquietudini e delle perplessità di questa rivoluzione copernicana. “L’impatto dell’AI sulle vicende dell’essere umano sarà paragonabile, in termini storici, solo a quello dell’invenzione dell’energia elettrica”.

 Però attenzione. Questo impatto andrà a prodursi su di una società che da almeno due decenni vive in uno stato di costante transizione. La rivoluzione digitale e le nuove tecnologie hanno cambiato – (e stanno ancora cambiando) profondamente non solo il nostro modo di vivere, ma anche il nostro modo di essere, la nostra natura, le caratteristiche antropologiche e biologiche degli esseri umani.

 Anche in questo caso rimando ad alcune espressioni che sono diventate punti di riferimento imprescindibili. Luciano Floridi, filosofo e professore ad Oxford parlava qualche anno fa di “società delle mangrovie”, per risolvere la dicotomia tra la vita on line e quella off line. Come per le mangrovie, piante che crescono negli estuari dei fiumi in cui si incontrano acque dolci e salate, anche per gli esseri umani non ha più senso tracciare un confine netto tra queste due dimensioni della sua esistenza. Entrambe sono necessarie, si incontrano e si intersecano, e ci rendono “on life”.

 Altri esperti hanno parlano di “era della distrazione”, prendendo spunto dalla crisi dei modelli tradizionali di trasmissione delle conoscenze. Alcuni numeri ci aiutano a capire di cosa parliamo. In Italia nel 2022 sono stati pubblicati circa 77 mila libri, il 30% dei quali non ha venduto neanche una copia. Oltre il 50% delle persone che leggono, lo fanno per meno di 2 ore a settimana. In compenso, più di 10 milioni di persone hanno fruito di contenuti narrativi su piattaforme digitali, e il 74% degli italiani tra 15 e 74 anni ha utilizzato almeno una volta podcast, audiolibri o e-book.

Si affermano pratiche, specie tra i nostri giovani, che a noi appaiono difficilmente comprensibili e spiegabili. La regola degli 8 secondi, che sarebbe il tempo medio di permanenza di fronte ad un contenuto digitale; lo scrolling e il data surfing, ossia l’abitudine a spostare in modo compulsivo la nostra attenzione da un contenuto digitale all’altro. Si stima che ognuno di noi, in un giorno, è esposto ad una quantità di informazioni e dati per un valore quantitativo equivalente a circa 34 GB di memoria di un qualsiasi nostro dispositivo digitale. È un quantitativo che per i nostri nonni sarebbe equivalso a svariati anni di vita.

Siamo nel pieno di una transizione cognitiva. L’era analogica si caratterizzava per la capacità degli esseri umani di pensare in modo lento, riflessivo e profondo; di curare il linguaggio e la scrittura; di privilegiare le capacità di induzione, di astrazione e l’intelligenza sequenziale.

Oggi sono ormai affermati comportamenti che invece lasciano predominare immagini e suoni, che privilegiano la potenza emotiva e quella visiva, che si fondano (e che producono) reazioni rapidissime. Interagendo direttamente con la nostra struttura cerebrale - con il modo in cui i nostri neuroni comunicano tra loro - questi comportamenti influenzano il nostro modo di pensare, che tende a diventare sempre più generico, immediato e deduttivo. Ne deriva minore capacità di attenzione, analisi e studio, insieme ad un generale impoverimento cognitivo che mette in crisi tradizionali modelli di insegnamento.

 Altri esperti hanno parlato di “cervello anfibio”, ovvero di una mutazione del nostro modo di acquisire informazioni in un duplice ambiente (analogico e digitale) in cui siamo ormai immersi proprio come fossimo un organismo anfibio.

Anche qui però serve attenzione. Le neuroscienze ci insegnano che la linfa vitale del cervello è la complessità: più affrontiamo situazioni complesse e inedite, più le nostre capacità cognitive crescono. C’è vero apprendimento solo quando, di fronte ad un problema, non siamo in grado di risolverlo attraverso i nostri consueti schemi di azione. La tecnologia attacca la complessità del cervello, scarica la capacità di riflessione e ponderazione, ci fa “vedere” in modo veloce e reattivo. Però, ogni funzione umana che consegniamo alla tecnologia la togliamo al nostro cervello.

 Questa premessa, seppure un po' lunga, è necessaria per mettere bene a fuoco la sfida che questa società, e al suo interno il sindacato e il sindacato dei pensionati, hanno di fronte. Dalla pandemia in poi la FNP delle Marche ha messo al centro della sua strategia l’alfabetizzazione digitale degli anziani. Lo abbiamo fatto nella consapevolezza che il digital divide in una società digitalizzata è potenziale fonte di nuove, profonde e gravissime disuguaglianze sociali, economiche e culturali.